Oggi, sul blog di Dispotech, affrontiamo un argomento quanto mai attuale ed interessante: le app di tracciamento e la poca fiducia riposta in esse da parte delle persone.
Come sappiamo, in seguito alla diffusione del Covid è nata la necessità di sviluppare app di tracciamento per cercare di contrastare l’espandersi del virus. La maggior parte dei governi mondiali è corsa ai ripari, creando applicazioni di tracciamento di facile utilizzo per tenere sotto controllo la pandemia e cercare di limitare i danni. Tuttavia, una parte della cittadinanza mondiale è restia a scaricare ed utilizzare queste app di tracciamento poiché teme per la sicurezza dei propri dati personali.
Grazie al supporto di un articolo pubblicato su technologyreview.com, cerchiamo di andare a fondo della questione e capire perché le persone non si fidano di questi strumenti di tracciamento e cosa fare per risanare questa frattura.
Nonostante la creazione e la diffusione di tantissime app di tracciamento per contrastare la diffusione del Coronavirus, l’utilizzo delle suddette app non è ancora soddisfacente – e soprattutto diffuso – come sperato.
L’articolo fonte si rifà ad uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Science, in cui gli autori sottolineano che, piuttosto che abbandonare queste piattaforme, c’è bisogno di un miglioramento di esse e di un cambio di strategia per renderle più sicure, etiche e affidabili.
Mentre la maggior parte dei governi mondiali si è affrettata a creare app di tracciamento di focolai Covid – persino Google e Apple hanno unito le forze – i dati provenienti da queste non sono, ad oggi, sufficienti per tracciare la diffusione del virus. Sono stati osservati, infatti, meno download del previsto, meno registrazioni e di conseguenza, un utilizzo delle app di gran lunga sotto la media sperata.
C’è da dire, però, che le stesse app, per funzionare, incontrano sul loro cammino difficoltà logistiche e problemi tecnici non di poco conto. Il tracciamento, per esempio, esclude una fetta di popolazione considerevole: gli anziani che non sono in grado di interagire con mezzi tecnologici, le persone senza fissa dimora, eccetera. A questo dato si aggiunge una ricerca condotta da Pew che rivela che le persone sono restie a fornire i propri dati personali alle autorità sanitarie pubbliche e a rispondere a telefonate anonime (probabilmente provenienti da dipartimenti sanitari).
Insomma, nonostante le premesse positive, sono tantissimi gli ostacoli che queste app incontrano (e incontreranno fino alla fine della pandemia) sulla loro strada.
Alessandro Blasimme e Effy Vayena, bioeticisti presso l’ETH di Zurigo (Svizzera) ed autori dello studio pubblicato su Science credono che l’elemento che davvero manca a queste applicazioni è una “governance adattiva”, ovvero la necessità di favorire e trovare delle strategie a livello locale piuttosto che attuare campagne che lavorano “dall’alto” e che potrebbero trovare scarsa applicabilità. È il caso di preferire partnership locali, un lavoro di squadra tra frontiere piuttosto che cliccare su un tasto. E’ necessario, secondo gli autori, creare una fiducia pubblica che renda le persone tranquille quando utilizzano queste nuove tecnologie, allontanando in loro il timore di affidare dati sensibili e strettamente personali ai governi.
Cosa ne pensi di questo articolo e, in generale, delle app di tracciamento? Siamo curiosi di conoscere la tua opinione: contatta Dispotech!